19 aprile 2010
La Corte Costituzionale sulle nozze gay
La Corte Costituzionale con sentenza n. 138/2010 si è recentemente espressa sul duplice incidente di costituzionalità sollevato dai Tribunali di Venezia e Trento a seguito del ricorso proposto da due coppie omosessuali per il riconoscimento matrimoniale alla loro unione.
La Consulta, nell’affermare correttamente la discrezionale competenza sul punto del legislatore, ha tuttavia affermato alcuni importanti principi dei quali siffatto futuro legislatore dovrà necessariamente tenere conto.
In particolare si legge in motivazione:
“la Repubblica garantisce, all’art. 2 i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e in tale nozione è da annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri”
e ancora:
“i concetti di famiglia e di matrimonio non si possono ritenere cristallizzati con riferimento all’epoca in cui la Costituzione entrò in vigore, poichè sono dotati della duttilità propria dei principi costituzionali e quindi vanno interpretati tenendo conto non soltanto delle trasformazioni dell’ordinamento, ma anche della evoluzione della società e dei costumi”.
In pratica, con la importante Sentenza n. 138/2010, il Giudice costituzionale ha finalmente evidenziato la necessità di un pronto intervento legislativo per eliminare quella che risulta essere a tutti gli effetti una evidente discriminazione di diritti fondamentali, e che non a caso vede attualmente l’Italia quale unico paese europeo, insieme alla Turchia, a non riconoscere alcuna forma di tutela giuridica alle coppie omosessuali.
La Corte peraltro ha anche inviato un chiaro monito al legislatore affermando espressamente nella citata Sentenza che in assenza di una disciplina generale “si riserva di intervenire a tutela di specifiche situazioni”di volta in volta sottoposte alla sua attenzione per garantire “un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata e quella della coppia omosessuale”.
Vi è da auspicare che a fronte di tali principi di ribadita evidente civiltà giuridica, non prevalgano, come spesso accaduto nel nostro paese, moniti di “altra natura” magari affermati in nome proprio di quella fede che dovrebbe in teoria richiamarsi a colui che fu di gran lunga la figura storica più tollerante e meno “interessata al sesso” di sempre…
Scritto il 20-4-2010 alle ore 13:50
Vuol dire che dobbiamo accettare le coppie omosessuali come vicenda “normale”?
Scritto il 20-4-2010 alle ore 14:34
Gent.mo Sig. (ra ?) Susi, non ho idea di quel che “dovrà accettare” Lei, evenienza della quale dubito la Consulta si sia occupata, io mi sono limitato da operatore del settore ad annotare la motivazione di questa importante pronuncia su una tematica che attiene alla uguaglianza dei diritti per i cittadini, il concetto stesso di “normalità” peraltro non sempre in diritto coincide con quello personale di ciascuno di noi giacchè la legge si rivolge ad una moltitudine e non certo ai singoli, un caro saluto
steccanella
Scritto il 20-4-2010 alle ore 15:43
se gli uomini si sono abituati alle donne che votano, le donne che lavorano, le donne emancipate e che portano i pantaloni (come è giusto che sia), forse anche la susi può abituarsi alle nozze gay…
Scritto il 20-4-2010 alle ore 18:35
io non penso che gli uomini si siano abituati all’emancipazione delle donne, ma questo è un altro discorso, il diritto ci ha consentito di poter votare, ci ha riconosciuto la pari opportunità, anzi in alcuni casi l’ha imposta.
Il diritto oggi non prevede le nozze gay e non so quale legislatore avrà il coraggio di farlo.
Scritto il 21-4-2010 alle ore 13:52
Caro Davide,
leggo con interesse il tuo post e trovo piuttosto ingiustificata sia l’ironia verso la sig.ra susi sia la ritrita polemica sul cattolico e/o no.
Attendo con impazienza la liberazione dei diritti (non comprimibili entro un banale ed obsoleto concetto di normalità…) relativamente a:
– matrimoni tra consanguinei e familiari (leciti in altre culture non inferiori alla nostra);
– matrimoni com minorenni (idem come sopra);
– abolizione del concetto di monogamia (idem come sopra).
Fuori dalla provocazione, credo che il superamento di determinati orizzonti culturali richieda sforzi di comprensione reciproca e di raggiungimento di una cultura condivisa, invece che la facile ed “a la page” intolleranza verso i (presunti) intolleranti.
Il concetto di famiglia omosessuale sposta obiettivamente alcuni canoni della nosta cultura (la Costituzione è di 60 anni fa – non dell’anno mille…), a cui qualcuno può ancora fare riferimento senza dover sentirsi bollare come retrogrado o cattolico-sauro.
“il conservatore è semplicemente qualcuno convinto che non tutte le cose siano giuste in quanto nuove” (mi scuso anticipatamente per la citazione a braccio di Prezzolini, credo)
Detto questo, disponibilissimo a riprendere in esame un confronto in cui potrei anche pensare molte cose simili alle tue, senza partire da un confronto fra “illuminati” e “poveri di spirito”.
Un cordiale saluto.
Scritto il 21-4-2010 alle ore 16:24
la mia non era ironia. penso solo che spesso siamo più spaventati del necessario:
se pensiamo agli anni 70 chi divorziava era un poco di buono, negli anni 80 lo era chi si sposava in comune, 10 anni fa lo era chi conviveva…. e tutto sommato ci siamo “abituati” senza che nessuno ci abbia rimesso, anzi…
perciò forse il passo del giorno d’oggi è il matrimonio fra persone dello stesso sesso, che fra 10 anni ci sembrerà, probabilmente, non più così strano.
Scritto il 21-4-2010 alle ore 16:44
Dottor Asnaghi auguro a lei e all’autore del post di riprendere in esame il cofronto nel modo che a lei aggrada e che auspica nelle ultime righe del suo intervento. Tuttavia mi pare che il punto non sia che qualcuno voglia negare alla signora Susi di essere conservatrice e men che meno voglia costringerla ad accettare culturalmente le unioni omosessuali. Il punto a me pare, nel mio piccolo, sia che la Corte di Cassazione non stabilisce cosa sia “normale” e cosa non lo sia.
Il fatto che l’etimologia di normale scaturisca da norma non credo assegni per questo alla Corte di Cassazione questo compito.
Scritto il 21-4-2010 alle ore 16:51
Alla Corte Costituzionale in questo caso specifico. La corte di Cassazione nel caso specifico non c’entra nulla.Chiedo venia.
Scritto il 21-4-2010 alle ore 17:40
Qui non si tratta di essere conservatori e tanto meno di non trovare meglio il “nuovo” giacchè non vi è nulla di NUOVO.
In tutta Europa infatti (esclusa Turchia o Grecia non ricordo) e da tempo e quindi nelle civilissime Germania, Inghilterra, Francia, Spagna etc. si è da mò data tutela giuridica alle unioni gay (nonchè ad adozioni etc. etc.) quindi ripeto per L’Italia non si tratterebbe di alcuna “novità” bensì della rimozione di un retaggio oggi come oggi del tutto anti-storico e vecchio per adeguarci alle normative vigenti in Europa e aggiungo che non lo dico io (o la Consulta) ma lo dice la Corte Europea che ha già inviato numerosi richiami all’Italia per questo ritardo, appunto, nell’adeguamento (e non certo quindi nel rinnovamento), giusto per fare chiarezza eh, poi ognuno la pensi come crede ci mancherebbe.
P.S: Ah io sono fervente credente quindi il mio richiamo alla chiesa era di sofferta polemica da cristiano che non trova nel vangelo (ovvero il più bel libro che sia mai stato scritto) una che è una parola utile alle attuali campagne discriminatorie di alcuni vertici cattolici verso i gay…
Scritto il 22-4-2010 alle ore 10:22
Farei notare al “fervente credente” che il Vangelo (che fa parte della Bibbia) non parla nemmeno “male” dell’aborto, dell’abortiva RU486, dell’eutanasia, di embrioni e quant’altro. Non significa che la Chiesa e i cattolici (che in quanto tali hanno, appunto, una guida nella santa romana chiesa -lo recitate il Credo, no?- ) debbano per questo approvarli.
Per il resto, nei testi sacri su Sodoma e Gomorra qualcosa c’è scritto…
Infine ricordo che non è obbligatorio essere cristiani e cattolici; se si dice di esserlo bisogna essere coerenti – parole e fatti – e non “interpreti” degli avvenimenti secondo la propria idea o “i tempi che corrono”. Altrimenti la Messa la domenica è solo lavarsi la coscienza.
Saluti.
Scritto il 22-4-2010 alle ore 10:32
Caspita sig. Crementi:
:”lei mi tratta da piú di quel che sono. Il predicatore in casa! Non l’hanno che i principi. ” (cfr. Don Rodrigo a Fra Cristoforo nei promessi sposi, cap. 6)
…La ringrazio della apprezzata predica ma peraltro “sul punto” mi sono più volte confrontato con il mio sacerdote di riferimento che tutte le domeniche alle ore 11.00 riempie una grande chiesa che si chiama san Pietro in Sala di P.za wagner.
Per il resto concordo con Lei essere cristiani non è affatto obbligatorio, è “solo” per chi ha questo immenso privilegio…molto bello
un caro saluto
Scritto il 22-4-2010 alle ore 10:42
Senza ironie: non voglio far la predica e mi scuso. “Combatto” (discuto) quotidianamente con cattolici della domenica che sento parlare poi vedo agire, e mi intristisco. Vorrei almeno scuotere una coscienza ogni tanto, ma lungi da me la presunzione di paragonarmi al Suo Sacerdote di riferimento. Se l’ho offesa mi scuso ancora.
Ma come diceva Gesù: “Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?”.
Saluti.
Scritto il 22-4-2010 alle ore 10:49
Mah …. io francamente comincerei ad eliminare radicalmente qualsiasi riferimento religioso-ecclesiastico da un confronto su questi argomenti.
Il dibattito su cosa dice veramente il Vangelo (o meglio cosa suggerisce alle coscienze) deve essere interno alla comunità dei credenti ed affrontato in quanto tale; al di fuori, si rischia che qualsiasi discorso sia (seppure ingiustamente e spesso stucchevolmente) bollato come discendente da convinzioni religiose non opponibili ai non credenti etc etc etc.
In secondo luogo, io la patente di “civilissime” non la regalo a nessuno (Italia compresa), vi è chi pensa che siamo Iin Europa, in Occidente) in un sistema incivilissimo sotto molteplici punti di vista.
Come terza osservazione, la stessa frase della Corte rischia di essere contraddittoria in radice: se i principi costituzionali vanno valutati “in funzione dell’evoluzione della società e dei costumi”, gli stessi principi (tutti) sono suscettibili di una valutazione e quindi non possono essere interpretati apoditticamente. Inoltre, mi pare che (proprio in funzione evolutiva) il nostro ordinamento preveda delle possibilità ben precise di modifica della Costituzione (quando ciò non avviene, è possibile pensare che questa “pacifica” trasformazione non sia così pacifica ?).
credo che questi temi vadano chiariti pre-confronto, noto invece nella risposta di Davide il perpetrarsi di un fastidioso atteggiamento di superiorità intellettuale: non essere d’accordo con il matrimonio gay è essere inadeguati, incivilissimi, schiavi di un retaggio culturale, arretrati , etc etc.
se la posizione (che è un vero e proprio pregiudizio discriminatorio) permane questa, un confronto è inutile
Scritto il 22-4-2010 alle ore 11:48
lungi da me continuare sulla linea della polemica,
ma il cattolico è anche conservatore,
mi chiedo come si riesca a conciliare l’andare a messa ed ascoltare le prediche di un sacerdote e poi essere favorevoli alle coppie gay.
finisco col dire che anche io frequento la chiesa la domenica.
Scritto il 22-4-2010 alle ore 12:07
mi scusi susi, ma dopo aver preso (non richiesto, è vero) le sue difese, e premesso che mi pare si sia capito che non considero il discorso scontato (anzi tendenzialmente non sono favorevole), ritengo che si possa andare a messa anche tutti i giorni e avere opinioni favorevoli alla coppia gay
la coppia gay non è un dogma di fede (mi pare)
l’opinione favorevole alle coppie gay (così come altre convinzioni “non allineate”) può convivere con una fede profonda
il giorno che non dovessi credere più smetterei di pregare, ma non di avere le convinzioni che ho e che mi derivano, anzitutto, dalla mia coscienza umana
continuo a ritenere che il dibattito su cattolici e gay (o su cattolici e xxx…) in questa discussione non abbia senso
e che favorisca solo le posizioni “liberal” e quelle “bacchettone” (che aborro entrambe con il medesimo grado di “simpatia”)
Scritto il 22-4-2010 alle ore 14:06
Andrea hai ragione, torniamo al tema e confrontiamoci anche perchè appunto è tema di rilievo.
Mi puoi spiegare quali sarebbero secondo te le conseguenze lesive dei diritti altrui (sia dal punto di vista collettivo che individuale) in caso venisse concesso alle coppie gay di “regolarizzare” in una qualsivoglia forma giuridica la loro unione in modo da potere tutelare i propri diritti civili ?
Scritto il 22-4-2010 alle ore 14:57
il giorno in cui si ritenessero regolari le coppie gay ed una di queste coppie volesse adottare un bambino, non si potrebbero creare dei problemi in questo bambino, che non sa quale è la mamma e quale il papà?
Scritto il 22-4-2010 alle ore 15:07
Cara Susi guarda che fortunatamente prima di dichiarare una coppia adottante e quindi ancor prima di procedere alla definitiva adozione di un minore viene compiuto un intenso e mi dicono lungo e approfondito percorso di valutazione ad opera di vari “esperti” che poi riferiscono ai Magistrati del competente Tribunale per i minorenni, secondo il criterio esclusivo dell’interesse del minore, ragion per cui anche oggi che la adozione è consentita solo per le coppie sposate il “volere” degli adottanti viene preso in bassissima considerazione rispetto ai possibili “problemi del bambino”. Peraltro corri un pò perchè qui stiamo parlando di concedere diritti giuridici ad una coppia di fatto non certo di adozione di minore senza contare che bambino non significa “ottuso” quindi anche se accudito da due uomini non penserebbe certo che uno dei due è la…mamma (e viceversa se da due donne)
Scritto il 22-4-2010 alle ore 16:30
ANDREA ASNAGHI SCRIVE: “Il dibattito su cosa dice veramente il Vangelo (o meglio cosa suggerisce alle coscienze) deve essere interno alla comunità dei credenti ed affrontato in quanto tale.”
Fatto salvo questo principio, mi chiedo perchè lo stesso non debba valere anche per il Corano. Eppure mi pare ci sia una vasta letteratura e un possente e quasi dominante fervore sociale, in Italia e in altri paesi non musulmani, che investe ciò che è scritto nel Corano. Lei, Andrea Asnaghi, di questo cosa ne pensa? Attribuisce anche al Corano un obbligo ad essere dibattuto ed interpretato solo all’interno della comunità di credenti che ad esso si riferiscono come testo sacro?
Scritto il 22-4-2010 alle ore 17:21
a Raffaele: a parte che non ritengo la mia opinione particolarmente interessante per i più, espongo molto velocemente una mezza idea non dimenticandomi che MI TROVO IN UN POST ALTRUI.
Fossi islamico convinto, credo mi piacerebbe ugualmente che determinati temi fossero trattati con cognizione e sensibilità religiosa.
Questo non equivale a dire che del Corano (e dei suoi principi) possono parlare solo gli islamici e del Vangelo solo i cristiani: però sicuramente io non mi metterò mai a cercare di interpretare cosa dice il Corano alle coscienze (!).
Credo di aver spiegato che in questo dibattito (ed in molti simili) la propria fede religiosa (potente e legittimo veicolo culturale) non possa porre dei “dogmi”, ma al massimo suggerire spunti che debbano esser validi e fondati razionalmente (ed in tal senso dibattuti e confrontati).
a Davide (altrettanto telegraficamente): non approvo il concetto per cui ciò che non lede un diritto altrui sia automaticamente possibile. Esistono valori condivisi e/o da condividere (su cui fondare una morale ed un diritto positivo di fondo), ma questo è un concetto generale e culturale.
Sono perfettamente favorevole ad una regolarizzazione delle coppie gay (ed anche non gay) che salvi alcuni principi e/o diritti individuali. L’omosesualità è però un indirizzo sessuale: non ritengo sufficiente un mero indirizzo sessuale a formare un concetto positivo di famiglia (mi scuso per la telegraficità ma credo davvero di aver abusato dello spazio: magari ci riaggiorniamo)
Scritto il 26-4-2010 alle ore 08:23
Non capisco il richiamo di Raffaele al Corano, mi sembra la solita scappatoia ora molto di moda per non guardare a casa propria e poter dire “anche gli altri lo fanno, anche gli altri sbagliano, perchè non interrogate loro?”. Senza contare che NOI siamo uno Stato LAICO, mentre molti paesi musulmani sono TEOCRATICI; per loro la religione e la politica sono la stessa cosa e lo Stato è guidato dai principi religiosi; noi siamo democratici e LAICI e dunque considerazioni di carattere religioso non dovrebbero condizionare una decisione POLITICA relativa a diritti CIVILI. Qua invece mi sembra che il discorso che fate sia tutto intriso di una religiosità che non ha senso di esserci. Io rispetto tutti ma amo migliorare, non confrontarmi con chi sta (nella mia opinione) “peggio” di me: guardo alla Svezia per crescere, non all’Iran per trovare conforto alla mia mediocrità.
Sulle nozze gay: non credo si possa generalizzare, ci saranno (sarebbero) famiglie serene e famiglie meno serene, con figli più o meno sereni, come succede nelle cd famiglie “normali” formate da mamma e papà. Guardiamo ciò che la legge non può evitare: una coppia lesbica con un figlio. Vi sembra impossibile che succeda? Non mi sembra proprio. Senza contare che molte coppie gay sono le prime a non volere figli. Il discorso sui figli è pretestuoso, il numero non sarebbe determinante. Prima vengono i diritti civili tanto abusati di cui si parlava prima: diritti di assistenza, diritti successori. Non ci possono essere cittadini di serie B solo per il loro orientamento sessuale, che è una cosa che non hanno scelto, ma in cui si sono trovati.
Scritto il 27-4-2010 alle ore 09:21
Caro Avvocato, il suo articolo ben evidenzia il ritardo da parte del nostro Paese ad adeguarsi ad un cambiamento dei tempi già sancito, oltre che dalla società, anche dall’Europa tutta ( e mi riferisco agli organi deputati a legiferare e impartire direttive agli Stati aderenti). Ciò nondimeno non comprendo la sua chiosa finale con la quale si “auspica” che la Chiesa non intralci il cambiamento in corso. Ma davvero lo crede? Credo che sia, con tutto il rispetto, un’ ingenuità. Io che credente non sono (ateo ma non agnostico) e che considero i vangeli e la Bibbia in generale un gran bel libro ma confezionato ad arte dal clero dopo un’accurata selezione del testo per meglio diffondere e persuadere il popolo, sono convinto, e dovrebbe esserlo anche lei, che il ritardo dell’Italia ad adeguarsi sia proprio dovuto alla presenza in seno al nostro Stato di quello Pontificio. Se il processo di modernizzazione dovrà passare dal Parlamento certo si scontrerà con la Chiesa e per motivi che nulla hanno a che vedere con la vita e la predicazione di Gesu.
Con rinnovata stima
Scritto il 27-4-2010 alle ore 10:25
Scusate, ma per essere atei o laici mi sembra abbiate (detto con rispetto) una spiccata ossessione religiosa: in un discorso ove si dice “confrontiamoci sull’idea” le uniche idee “pro” sono, ad ora:
– la Chiesa, questa cattivona (argomento inconferente in un confronto sulle idee);
– la “modernizzazione” argomento preteso e buono per tutte le stagioni (se si propugna un valore, lo si fa con una certa indipendenza dallo stato delle cose, anzi vi sono valori che prescindono dallo stato delle cose o dal “così fan tutti”);
– la logica del “quel che non fa male a nessuno si può fare”, argomento che si potrebbe confutare con mille esempi.
Credere che sia improponibile il concetto di “famiglia omosessuale” non vuol dire nè discriminare nè accanirsi contro i gay, che hanno tutto il diritto (ma non solo i gay, ripeto) di poter disporre di determinati diritti civili e di garanzie.
Vi è qualcosa di “religioso” in ciò che ho detto finora ? Non credo.
Se volete aprire un post su “come la Chiesa rovina la cultura italiana” fatelo pure, ed entreremo in un altro livello di discussione.
Scritto il 27-4-2010 alle ore 10:51
Andrea, in termini di stretto diritto, posto che il concetto di “famiglia” nel senso di quella regolata dal codice civile ai primi duecento e passa articoli sulla base dei tre che si leggono nella Costituzione è concetto “giuridico” e non di altra natura, mi spieghi dove sarebbe come tu dici “improponibile” la rimozione dell’attuale divieto ??? Giuridicamente parlando ovviamente non sulla base di quello che ciascuno di noi può privatamente… ritenere
Scritto il 27-4-2010 alle ore 11:10
beh Davide, messa in questi stretti termini, cosa vieta (costituzionalmente e logicamente) di
– sposare un proprio genitore (entrambi i soggetti maggiorenni e civilmente liberi ovviamente);
– sposare un proprio fratello/sorella ?
– sposare più di un uomo (o una donna) o contemporaneamente un uomo ed una donna ?
– sposarsi fra più coppie insieme ?
– sposare un proprio amico (o più di uno) con cui non si vuole avere alcun rapporto sessuale ma vi è solo una forte affinità umana ?
(non vado avanti, ma potrei …)
anche qui … giuridicamente parlando, ovviamente, non sulla base di ciò che ciascuno di noi “privatamente” ritiene
Scritto il 27-4-2010 alle ore 11:57
La differenza con i tuoi esempi c’è ed eccome:
nei primi due casi infatti vi è il rischio scientificamente provato di mettere al mondo figli poco sani oltre al fatto che è previsto il delitto di incesto, nei secondi due casi si lede il diritto del coniuge costretto a subire altre presenze sia dal punto di vista affettivo che economico, nel quinto caso invece non vedo lesioni e infatti credo accada più spesso di quanto si creda.
Scritto il 27-4-2010 alle ore 12:14
Davide, non volevo certo promuovere matrimoni improbabili (benchè…) o istigare a reati, tuttavia la tua difesa (ottima sulla Monaca di Monza) qui è debole:
a) sui primi due casi, il rischio di mettere al mondo figli malsani presume una promiscuità sessuale che non trovo nè nella Costituzione nè nella logica (vedi caso 5, che tu ammetti pacificamente);
b) perchè si dovrebbe ledere il diritto di un coniuge a “subire” altre presenze (ti rifai, evidentemente, ad un concetto di poligamia, anzi di poliginia, di alcune culture) quando invece ben potrebbe essere una sceltra “a trois” (o più) in cui ciascuno gode della sua parte ?
quindi i tuoi concetti contengono pregiudizi culturali (che comprendo benissimo, credimi …) e non sono così neutri e logici come pretenderesti
vorrei arrivare a dire che nessun principio può dirsi giuridicamente logico e neutro fuori dalla cultura e visione globale del mondo che lo genera
(e potremmo fare molti esempi al riguardo)
ritorniamo al punto: un orientamento sessuale basta da solo a fondare il concetto positivo di famiglia ? e se sì, perchè solo un orientamento sessuale e non uno, ad esempio, spirituale o ideologico ?
Scritto il 28-4-2010 alle ore 17:49
Un orientamento sessuale ovviamente non basta a fondare il concetto positivo di famiglia.
Tuttavia questo mi pare un modo di affrontare questa spinosa questione completamente al rovescio.
Questa spinosa questione, con cui il diritto è chiamato a confrontarsi anche nel nostro Paese come è successo in altri Paesi a noi vicini, io infatti la porrei in questo modo: un orientamento sessuale basta da solo a negare il concetto positivo di famiglia?
Meglio ancora, con parole mie: può essere negato a degli esseri umani il diritto ad una famiglia solo in base al loro orientamento sessuale?
La domanda è questa a mio avviso, non quella a rovescio posta sopra.
Un’eventuale no di risposta a questa domanda somiglierebbe molto, sempre a mio avviso ad una discriminazione. Discriminazione sessuale appunto
Scritto il 29-4-2010 alle ore 07:40
a Raffaele: un confronto è fatto per comprendere e ascoltare (e apprezzo questo tono tranquillo), e quindi quanto dico non è per “aver ragione”.
però mi risulterebbe facile osservare che “il diritto ad una famiglia” è una espressione che rischia di essere ambigua senza un concetto positivo di … famiglia
i pochi esempi di “matrimonio impossibile” che ho posto più sopra dimostrano che un concetto positivo ben preciso di matrimonio/famiglia (in termini esclusivamente di “coppia”, ad esempio) nella nostra società ci sono
certo, visto che siamo non in un forum di opinioni (per quanto…) ma di contenuti professionali, se volessimo allargare il discorso, mi sento di dire che la pretesa di riportare il discorso ad un preteso “giurismo scientifico” mette in luce due criteri per così dire minimalisti:
a) si parte da un non meglio espresso diritto umano su cui si cerca (magari – e sicuramente per quanto riguarda qs. discussione – in buona fede) di forzare la mano
b) si parte dal criterio semplicistico che ciò che non lede un diritto altrui sia sempre possibile.
In ciò io vedo il concreto rischio di uno svuotamento di valore (ridotto al minimo comune denominatore) e pertanto di identità estremamente rischioso per qualsiasi concetto sociale.
Se mi si perdona un paragone ecologico, modificare sensibilmente un semplice valore decontestualizzandolo o irrigidendo una logica, significa provocare una ripercussione a catena non facilmente calcolabile nell’ecosistema “valori”.
(una Costituzione è la costruzione, umana e quindi imperfetta, di un ecosistema di questo genere)
i diritti umani di cui sempre si discute, ad esempio, non possono che promanare da una visione necessariamente ideologica del mondo, la cui non condivisione comporta anche il disvalore in radice dei principi giuridici conseguenti
ritornando a bomba, il concetto positivo di famiglia si forma nella nostra cultura su alcuni dati ben indentificabili, messi in discussione (a mio avviso) dalla coppia omosessuale
e qui la Corte ha ragione: la Costituzione si basa su principi non assoluti ma che devono essere storicizzati, compito questo – tuttavia – riservato al dibattito pubblico/politico (ed agli strumenti di modifica che la nostra stessa Costituzione ha previsto) e non suscettibile di interpretazione positiva della Corte
il tema della discriminazione (tanto caro all’atteggiamento giuridico minimalista che dicevo) potrebbe – anzi DOVREBBE – essere affrontato in mille modi diversi da subito, per esempio regolando alcuni diritti di tipo individuale (però, ripeto, questo è un concetto che dovrebbe essere ragionatamente estensibile non solo agli omosessuali ma in tutte le condizioni di coppia o di “nucleo pseudo-famigliare di interessi personali” nelle mille variazioni possibili)
ritorno ciclicamente alla domanda provocatoria di Raffaele: noi oggi neghiamo di diritto e fatto senza problema, anzi con convinzione, “il diritto alla famiglia” sulla base di orientamenti sessuali (incestuosi, ad esempio) o culturali/ideologici (è possibile solo una coppia).
E difatti Davide (o Raffaele) non mi avete ancora detto perchè è impossibile, sulla base dei vostri principi giuridici liberali – una famiglia a tre.
Io ho (faccio finta) questa convinzione, anzi ce l’abbiamo in tre (ovviamente…) : volete discriminarci ?
Scritto il 29-4-2010 alle ore 08:37
Però caro Andrea così facendo metti insieme due casi alla apparenza astratta assimilabili (chi vuole regolare propria unione con compagno/a del proprio sesso e chi desidera regolare propria unione con più compagni/e) ma in concreto e in radice assai diversi perchè il primo attiene alla irrinunciabile natura mentre il secondo no.
In altri termini il gay NON SCEGLIE mentre il poligamo SI, giacchè mentre quest’ultimo può realizzare la propria indole sentimentale ed affettiva anche con una sola moglie (magari rinunciando alla pluri-opzione), il primo se non può accoppiarsi con un pari-sesso… NO.
Scritto il 29-4-2010 alle ore 11:22
Questo, caro Davide, a ben vedere perchè tu parti da un concetto di “irrinunciabile natura” rispetto all’omosessuale e non, ad es., per il bisessuale (gli “altri due” del triangolo ipotetico sono un uomo ed una donna) etc etc.
(Anche chi si innamorasse del fratello/sorella/padre/madre/figlio/figlia probabilmente non lo sceglierebbe).
Ma c’è un’altra cosa che non mi quadra in ciò che dici (pur non volendo disquisire sulle singole parole in un discorso “libero”): perchè la realizzazione sentimentale/affettiva deve passare forzatamente per il vincolo coniugale ?
Io sono d’accordo per la non discriminazione di situazioni diverse dalla mia (peraltro io mi sento pienamente realizzato, lo confesso, anche in una situazione personale attuale di non-matrimonio) , così come credo dovrebbero essere regolati (garantiti) in fretta alcuni diritti personali di persone che scelgono di vivere insieme.
Mi sembra che questa corsa alla “imitazione” (lo so, è una parola che suona male – ma non ne trovo una migliore – e mi scuso anticipatamente qualora potesse urtare la sensibilità di chicchessia)della famiglia sia più un tentativo di aprire un nuovo universo di valori che non la difesa di un nucleo di diritti.
Beninteso, il tentativo di aprire nuovi valori è in sè più che legittimo e forse, confrontandoci, può anche darsi che si arrivi a costruire un sistema di nuovi concetti positivi (e se mi dovrò abituare io, pazienza …
).
La radicazione bio-culturale del concetto di “genere” mi pare tuttavia difficilmente (e forse anche pericolosamente) superabile . Con tutta la tolleranza e la simpatia verso le diversità …
Scritto il 29-4-2010 alle ore 11:47
L’incesto non è un orientamento sessuale è un crimine. L’ottimo Steccanella, che ci ospita su questo blog, saprà certamente meglio di me ciatre l’articolo del codice penale che configura l’incesto come reato penalmente perseguibile. L’omosessualità è un orientamento sessuale. Altrimenti lo si configuri una buona volta come reato e a quel punto finalmente potrei accettare il discorso di Andrea e affermare che anche sulla base della negazione al diritto alla famiglia incestuosa va negato alla stessa stregua l’unione omosessuale. Per ora il paragone non mi pare calzante.
Riguardo alla famiglia allargata non mi pare che risultino rivendicazioni giuridiche, sociali, o culturali in tal senso, al momento. Non escludo che nel futuro ce ne potranno essere. Qualora accada trovo giusto discutere e valutarle serenamente. Ma separatamente. Gli argomenti e i problemi da affrontare in quel caso saranno comunque diversi da quelli che sono in campo riguardo al tema in discussione oggi e tra noi su questo blog. Qui il tema è l’unione omosessuale o eterosessuale al di fuori del matrimonio. E’ lecito non essere d’accordo sulle eventuali tutele giuridiche per questo tipo di unione, ma mischiare le cose ci porta fuori strada. Tale tipo di argomentazioni ci porta un pò nella notte hegeliana, dove tradizionalmente tutte le vacche sono nere.
Sul resto delle argomentazioni di Andrea, invece, non ho nulla da dire. Mi paiono legittime e difficilmente attacabili. Per questo la questione precedentemente l’ho definita spinosa. Credo che la soluzione, come sempre in casi del genere, sia nella buona politica. Cioè nel modo in cui si deciderà di salvaguardare e affermare i diritti individuali senza per questo far crollare impalcature sociali e culturali sedimentate nel nostro Paese. In parole povere un compromesso. Quello che è certo è che evitare la questione e negare quindi i diritti di alcune persone come è stato fatto finora in Italia, con la spinta forte e non certo nascosta delle gerarchie ecclesiastiche mi pare il peggior modo tra tutti i possibili per affrontare il problema.
Scritto il 29-4-2010 alle ore 13:34
Raffaele, mi sembra chiaro che non mi passa nemmeno per l’anticamera del cervello di abbinare omosessualità e reato.
Ma senza mischiare sofisticamente le carte in tavola, ho consapevolmente portato al limite il discorso con l’incesto (che, banalmente, è reato solo in quanto appartiene alla nostra cultura considerarlo tale – e guarda che su questo aspetto mipare si stiano da tempo manifestando tendenze “possibiliste” inverse, con una particolare intensità negli ultimi tempi) per dire che la differenza di genere rappresenta ugualmente un aspetto fondante e radicato della nostra cultura.
Se si vuole cambiare questo radicamento (ben più forte di quello di coppia, peraltro), lo si può fare in base ad un discorso diverso da quello giuridico, bensì a monte etico o culturale, se vogliamo filosofico (da cui dipende e discende, per forza di cose, il percorso giuridico) e soprattutto condiviso (io mi sono solo ribellato qui alla “scontatezza” che mi sembrava data al problema).
Sono d’accordo che anche chi a cuore in maniera intelligente determinati valori (ed un discorso sui valori in genere) , “ecclesiastico” o laico che sia, , ha ogni interesse a confontarli e fondarli e non ad affidarsi ad una “difesa” sterile e (moralmente) perdente in partenza.
Forse, è anche questa (brutta) difesa che genera, non da oggi, una reazione tale per cui una buona metà delle c.d. “battaglie sui diritti” sembrano portate non per costruire in maniera sensata ma per distruggere con una furia giacobina.
Non è escluso che magari da un tale confronto sereno si focalizzerebbero (e magari si andrebbe in prevenzione), perchè no, anche gli effetti negativi e/o le derive rischiose di certi cambiamenti apparentemente lineari, democratici, etc..
Mi sento comunque di ringraziare fin d’ora il livello di accoglienza, civiltà e disponibilità manifestato in questo confronto.