27 gennaio 2012
Le “storture” del carcere preventivo in Italia ovvero della pena anticipata…
E’ da tempo triste dato di fatto quello secondo il quale nel nostro paese sia più “facile” finire in galera da innocenti (nel senso di prima del Giudizio) che da colpevoli (nel senso di dopo la Sentenza definitiva), a meno che non si tratti di gravi delitti di criminalità organizzata oppure di imputati carenti di risorse economiche.
Le ragioni di questa evidente “stortura”, in palese conflitto peraltro non solo con il dettato costituzionale ma anche con il buon senso, sono molteplici e meriterebbero una ben più compiuta analisi sull’attuale stato allarmante della giustizia penale in Italia, tra cui le inaccettabili lungaggini dei Processi che per la gran parte pervengono ad accertare in modo definitivo responsabilità per fatti accaduti troppi anni prima, e molto spesso quando è già intervenuta la prescrizione o sono stati nel frattempo promulgati i rituali provvedimenti di clemenza (indulto, amnistia etc.).
Questa “stortura” della mancata esecuzione della pena finale ha tuttavia determinato una ulteriore “stortura” ossia quella di indurre molto spesso ad una mal celata volontà di anticipare quella retribuzione afflittiva, che dopo la sentenza non ci sarà, alla fase iniziale delle indagini, perchè più vicina al fatto delittuoso, e così molto spesso un imputato arrestato da ancora innocente rimane poi libero (o comunque in situazioni alternative alla detenzione) al termine del processo che lo ha dichiarato colpevole, con la finale conseguenza aberrante di vedere ristretti nei nostri già debordanti Istituti di pena troppi detenuti che ancora non hanno alcuna pena da scontare…..
Questa seconda “stortura” è il frutto di una applicazione giurisprudenziale molto spesso censurabile della misura cautelare della custodia in carcere di cui all’art. 285 Cpp (ovvero degli arresti domiciliari di cui all’art. 284 Cpp), meglio nota come carcerazione preventiva che pure era stata egregiamente regolata dalle norme di cui agli artt. 272 e ss. Cpp, che avevano sensibilmente modificato, nelle intenzioni del legislatore del 1989, le precedenti disposizioni che, come taluno forse ricorderà, prevedevano anche il mandato di cattura obbligatorio per taluni reati.
Il codice del 1989 infatti modificava in radice quello pre-vigente, stabilendo una volta per tutte una duplice eccezionalità: da uno quella in generale del ricorso ai diversi provvedimenti di vincolo personale prima della sentenza di condanna (artt. 273 e 274 Cpp), e da due quello della scelta della custodia in carcere tra le diverse e meno gravose misure cautelari previste dal codice di rito, secondo quel principio della “adeguatezza” al caso concreto ex art. 275 Cpp.
L’art. 274 Cpp infatti indica in modo preciso quali sono le tre uniche condizioni tassative (ne basta una) per consentire di sottoporre a vicoli anticipati (di qualsivoglia tipologia) chi non è stato ancora giudicato, e tutte e tre finalizzate ad evitare suoi futuri comportamenti prima della finale sentenza, in sintesi, si tratta di evitare che : a) inquini le prove compromettendo il corretto accertamento dei fatti in Giudizio, b) sia dia alla fuga per sottrarsi alla futura esecuzione della pena, c) commetta altri reati “analoghi” a quello per cui è indagato.
Ovviamente ognuna di queste tre ipotesi di “rischio” debbono essere molto concrete e ben motivate dal Giudice nella loro ritenuta sussistenza, anche per consentire il successivo controllo da parte del Tribunale del riesame, secondo la procedura indicata agli artt. 309 e ss. Cpp.
Sulla base di queste indicazioni precise insomma risultava evidente la previsione legislativa di una assoluta eccezionalità del ricorso a vincoli personali anticipati rispetto alla eventuale condanna, ma direi che è sotto gli occhi di tutti il fatto che invece in questi anni questo non sia stato affatto così, a cominciare dalla nota polemica sulle manette facili ai tempi della indagine “mani pulite” , ma gli esempi potrebbero essere i più svariati.
Mi limito quindi ad analizzare i due casi più recenti e che hanno avuto il maggior clamore mediatico, e mi riferisco agli arresti domiciliari applicati al comandante della nave Concordia ed alla custodia in carcere applicata ad una trentina di militanti dellla protesta NO TAV in Val di Susa.
In entrambi i casi a rigore di legge la carcerazione preventiva applicata (tale deve intendersi anche quella domiciliare) non appare fondata.
Nel primo caso, le motivazioni del GIP di Livorno sono state pubblicate sui principali media, e così si apprende che la misura cautelare sarebbe stata applicata per evitare la commissione di reati analoghi a quello per cui è in corso la indagine ma onestamente le argomentazioni a sostegno si mostrano invero “fragili”, giacchè appare di tutta evidenza che, al di là della circostanza tutt’altro che irrilevante che trattasi pur sempre di ipotesi colposa e non dolosa, molto difficilmente potrebbe ripetersi per quel comandante una situazione simile a quella… per cui è indagato.
Nel secondo caso le motivazioni non sono state ancora pubblicate ma risulta altrettanto evidente che arrestare oggi una trentina di persone per asserite violenze commesse più di otto mesi fa nel corso di una gigantesca manifestazione di massa per una situazione ben specifica e delicata che da tempo coinvolge una buona parte della cittadinanza italiana appare azione più repressiva che cautelare.
Ma quand’anche astrattamente si potesse convenire sulla stingente necessità attuale di in qualche modo intervenire a fronte di quanto fino ad oggi giudizialmente accertato (pur sempre in fase di ipotesi però e non ancora vagliato nel merito del contraddittorio da un Giudice), non si comprende in entrambi i casi neppure la scelta della misura cautelare applicata in concreto applicata, giusti i criteri indicati al citato art. 275 Cpp.
Per salvaguardare il rischio ritenuto vigente per il primo caso infatti appariva sufficiente un provvedimento interdittivo alla professione, mentre per quanto attiene al secondo ben potevano applicarsi quantomeno i meno gravosi arresti domiciliari.
In conclusione potremmo dire che suona abbastanza “contraddittorio” lamentare continuamente la inaccettabile attuale situazione carceraria italiana (oltre 67 mila detenuti per spazi validi a mala pena per 40.000 !!!) invocando amnistie di condannati, ed al contempo ulteriormente affollare i penitenziari di ulteriori detenuti che non hanno ancora nessuna pena da scontare.
Avvocato Davide Steccanella
www.avvocatosteccanella.it
Scritto il 27-1-2012 alle ore 15:44
Avvocato, sono d’accordo sulla riflessione complessiva del suo articolo, solo una perplessità: nell’ordinanza del GIP, l’esigenza cautelare è rilevata principalmente nel pericolo di “recidivanza in delitti a sfondo colposo perpetrati a danno di terze persone affidate alla sua cura”, giudizio dato alla luce della gravità del fatto e da un giudizio negativo sulla personalità del sogetto.
Scritto il 30-1-2012 alle ore 10:21
*soggetto
Scritto il 2-2-2012 alle ore 09:55
Nella “patria”del diritto, siamo proprio la vergogna del mondo civile, sarebbero, molto, opportune le varie riforme dei codici, da tempo decantate e bloccate. La magistratura, tutt’oggi a tutti i strumenti tecnologici, per un indagine veloce e sicura, ma, forse, e’ la struttura stessa che non e’ preparata ai nostri tempi.
Scritto il 2-2-2012 alle ore 10:55
Suggerisco la lettura del libro di Bruno Tinti (magistrato) “Toghe Rotte”. E’ illuminante. Al di là di tutto e delle opinioni di ciascuno è bene conoscere gli strumenti legislativi e le procedure con cui è costretta ad operare la nostra magistratura. Il resto purtroppo è filosofia. La politica ha voluto e varato, leggi che sembrano scientemente scritte apposta per rallentare ed inceppare la macchina delle giustizia, ispirate ad un peloso e singolare concetto di garantismo.. Ovviamente a sfavore dei ladri di polli s’intende.
Scritto il 2-2-2012 alle ore 11:17
Ho avuto modo di conoscere per lavoro il Dottor Tinti verso il quale nutro la massima stima il nostro Ordinamento impone al Magistrato di applicare la legge emanata da altra istituzione non certo quella di “supplire” con forzature alle sue eventuali carenze quindi il ragionamento di Roberto, al di là del merito che non condivido, non mi sembra dirimente sul punto da me sottolineato. Quanto al richiamo alla motivazione del GIP di Livorno psotato da Luigi osservo che entrambi gli elementi da lui citati non sono sufficienti per legge a conesntire la applicazione di una misura cautelare perchè richiamaano il previgente criterio della “pericolosità sociale” che è stato modificato dal codice del 1989 secondo il quale non può ritenersi il rischuo di reiterazione sulla sola base dela gravità del fatto contestato (o della personalità del presunto reo), occorre ex art. 274 lett. c) Cpp qualcosa di più ossia che da elementi concreti e diversi da queli indicati da Luigi sussista il rischio che se libero l’indagato possa commettere reati della stessa specie di quello per cui si procede e nel caso de quo questi elementi non ci sono nè in fatto nè in diritto. Peraltro io sollevavo un dubbio circa la adeguatezza della misura prescelta e anche quei due elementi citati da Luigi potevano ben essere “ovviati” impedendo al comandante di condurre altre navi (misura interdittiva e non restrittiva ai domiciliari)
Scritto il 2-2-2012 alle ore 17:48
Avvocato, non scendo nei particolari, essendo un consulente Societario, fiscalista, ma secondo il mio punto di vista, e lo stesso “Istituto” carcerazione preventiva che dovrebbe essere regolato e limitato. Ammiro i Giudici, che cercano d’interpretare e far rispettare la Giustizia, nelle condizioni in cui si trovano a lavorare. Grazie, della risposta del precedente “commento”.
Scritto il 6-2-2012 alle ore 16:42
Avvocato, la ringrazio per il chiarimento
Scritto il 6-2-2012 alle ore 16:49
diciamo che per soddisfare l’art. 274 c.p.p. il GIP poteva argomentare meglio..quanto alle regole in campo, ricordo sempre cosa mi disse il Prf. Riccio, ordinario di dir. proc penale all’università Federico II, e già presidente dell’omonima commissine di riforma del codice i rito: 1. se modifichi il codice di rito, contestualmente devi rivedere il codice penale. 2. Chiediti a chi conviene lasciare le cose così come sono
Scritto il 14-7-2013 alle ore 11:03
[…] Mi riferisco a quelle centinaia di migliaia di imputati che incappano nelle maglie larghe del carcere preventivo, rimanendo dietro le sbarre anche anni prima di un vero giudizio, che spesso è di assoluzione. Un […]
Scritto il 8-7-2015 alle ore 13:26
[…] Mi riferisco a quelle centinaia di migliaia di imputati che incappano nelle maglie larghe del carcere preventivo, rimanendo dietro le sbarre anche anni prima di un vero giudizio, che spesso è di assoluzione. Un […]