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dei diritti e delle pene

Il Blog di Davide Steccanella

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Postilla » Diritto » Il Blog di Davide Steccanella » Diritto penale e processuale » Il diritto del detenuto non deve essere “a discrezione”

5 dicembre 2012

Il diritto del detenuto non deve essere “a discrezione”

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Una recente vicenda accaduta presso il carcere di Rebibbia ad un detenuto in semi-libertà ha evidenziato in modo preclaro quella estrema “discrezionalità” che talvolta affligge la applicazione di alcuni dei principali istituti introdotti nel 1975 dalla Legge Gozzini.

Legge che, nelle intenzioni del legislatore di allora, era appositamente finalizzata alla concreta realizzazione di quegli obiettivi di successivo reinserimento sociale del condannato, secondo quanto espressamente previsto dalla nostra Costituzione.

In tal guisa, ed anche per garantire il controllo giurisdizionale sulle modalità di esecuzione della pena, il nostro Ordinamento penitenziario riservava alla esclusiva competenza del Giudice (Magistrato o Tribunale di Sorveglianza) la decisione sulle diverse istanze provenienti dai detenuti (dalla semplice licenza premio alle misure alternative alle detenzione fino alla liberazione condizionale).

Nella “pratica” tuttavia questa decisione finisce il più delle volte con l’essere assunta sulla sola base delle valutazioni di altri e diversi soggetti (note, rapporti etc.), il che significa che, di fatto e molto spesso, risulta decisivo all’accoglimento o meno di un diritto previsto dalla legge, il rapporto personale ed individuale che si crea all’interno del carcere tra il singolo detenuto e chi lo dirige.

Nel caso segnalato risulta abbastanza evidente l’esistenza di una situazione di attrito personale nei confronti del detenuto da parte della direttrice del reparto e risalente, si legge, ad una mancata consegna, da parte del detenuto, che durante il lavoro esterno esercita la professione di giornalista, di alcuni suoi articoli oggetto di una querela per diffamazione, e che si trovavano pubblicati anche on line.

L’ultimo episodio ha riguardato invece la sua mancata accettazione supina di una contestazione in merito alle modalità del lavoro esterno che, nonostante quanto da tempo allegato, gli veniva impropriamente attribuito come mero lavoro trimestrale invece che retribuito trimestralmente.

Tutto questo potrebbe anche rientrare nell’ambito di rapporti personali che possono essere più o meno “riusciti” (come è anche naturale che accada) tra chi sta scontando una pena detentiva e chi è chiamato a vigilare sul funzionamento di un carcere, se poi non determinasse “a cascata” tutta una serie di conseguenze giudiziarie sui diritti del detenuto.

A seguito di quell’episodio infatti, la direttrice avrebbe immediatamente trasmesso al Magistrato di Sorveglianza una sorta di nota disciplinare (“anomala”, giacchè al di fuori dai casi previsti dall’art. 38 della Legge Gozzini) sulla base della quale il Magistrato ha rigettato una richiesta di licenza premio di 1 giorno per ragioni familiari.

Nel provvedimento di rigetto si fa anche riferimento ad un “precedente” costituito da un ammonimento datato 28.01.2012 che tuttavia era stato immediatamente sospeso dal Direttore del carcere già a fare tempo dal 31.01.2012.

Il detenuto ha dovuto quindi successivamente allegare al Magistrato di sorveglianza sia la propria relazione sul fatto accaduto (e che era stata prontamente inviata anche al direttore del Carcere), sia il provvedimento di sospensione di quel citato ammonimento, al fine di reiterare la richiesta di licenza, e per la quale è ancora in attesa.

Già in precedenza, peraltro, in occasione della richiesta di accesso alla misura alternativa dell’affidamento in prova, secondo quanto espressamente previsto dall’art. 47 O.P, il medesimo direttore di reparto aveva inviato al Tribunale di Sorveglianza chiamato a decidere una relazione di sintesi dove si leggeva testualmente che “la forma mentis del (omissis) lo conduce ad avere talora un atteggiamento “paritario” (anche se tale aggettivo rischia di acquisire una valenza negativa) nei confronti di questa Amministrazione verso la quale egli deve comunque rispondere del proprio comportamento e non, piuttosto, trattare da pari a pari” .

La richiesta di affidamento è stata dunque respinta dal Tribunale.

Il risultato finale di tutto ciò è che un soggetto, detenuto da 14 anni (e da 4 in semi-libertà, e ormai arrivato a 2 anni dal fine-pena), e che fino a tutto il 2011 non aveva mai dato corso ad alcun rilievo disciplinare, dopo l’arrivo di una nuova direttrice di reparto si vede oggi: 1) respingere la domanda di affidamento in prova, 2) negare una licenza premio di 1 giorno e 3) ancora in attesa di vedersi riconosciuti due semestri di liberazione anticipata già maturati dal giugno 2012.

Di tutto ciò è stato informato il Direttore del Carcere di Rebibbia ed è stata presentata una interrogazione parlamentare al Ministro della Giustizia firmata dall’Onorevole Rita Bernardini e da altri deputati del PD.

Auspicando che chi di competenza possa attivarsi al più presto, rimane il fatto che, fermo restando il doveroso controllo da parte della Amministrazione penitenziaria sull’effettivo rispetto, da parte dei detenuti, delle regole di disciplina interna agli Istituti di pena, non appare certo conforme alla legge affidare in toto la applicazione dei diritti di un detenuto alla mera discrezionalità personale di chi volta a volta si trova a dirigere il reparto di detenzione.

“Il livello di civiltà di un paese lo si misura dal livello di civiltà delle sue carceri” diceva tanti anni fa l’Onorevole Adelaide Aglietta del Partito radicale, purtroppo occorre ancora una volta constatare come in questo senso non si siano fatti molti passi avanti se ancora oggi si leggono episodi che ci ricordano tanto quel collegio del giovane Giannino Stoppani nella fortunata serie televisiva di Gianburrasca.

Letture: 7989 | Commenti: 8 |
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8 Commenti a “Il diritto del detenuto non deve essere “a discrezione””

  1. davide steccanella scrive:
    Scritto il 6-12-2012 alle ore 14:19

    Preciso che tecnicamente parlando il nominativo Gozzini appartiene alla legge che nel 1986 ha introdotto alcune modifiche alla precedente Legge del 1975 (che fu la vera prima svolta di Ordinamento penitenziario)anche se nel gergo degli “addetti ai lavori” si continua a chiamare legge Gozzini anche quella sulla cui ossatura del 1975 furono poi fatte le modifiche del 1986, e quindi oggi si chiama più in generale si definisce legge Gozzini l’Ordinamento penitenziario italiano.

  2. Carcere e sanzioni disciplinari, un aggiornamento e poi basta « Insorgenze scrive:
    Scritto il 6-12-2012 alle ore 16:18

    […] utili per approfondire Il diritto del detenuto non deve essere a discrezione Se nei prossimi giorni questo blog diventerà muto ora sapete perché Vedrete questo logo per molto […]

  3. Il diritto del detenuto non deve essere “a discrezione” « Insorgenze scrive:
    Scritto il 6-12-2012 alle ore 20:33

    […] Dal bolg di Davide Steccanella 5 dicembre 2012 […]

  4. Corrado Tumaini scrive:
    Scritto il 12-12-2012 alle ore 16:42

    Ciao Davide!

    Sarebbe possibile leggere la trascrizione della “nota disciplinare”?

    OK. Nel post ti mantieni su disamina + valutazione, “fintamente” tecniche (asettiche?), come magistralmente sai presentare in tutti i post…ma, nel caso in esame, forse sarebbe meglio poter approfondire raccogliendo anche la versione, peraltro ufficiale, dell’altra campana.

    Ho letto gli articoli collegati al link del soggetto e anche parecchi altri che si trovano nel suo blog (che non è stato oscurato nel frattempo…) e sarà anche per una questione di biografia e di mia precisa collocazione generazionale ma…forse il peso “discrezionale” sulla vicenda (probabilmente da espandere sull’intera biografia del soggetto) alla fine può emergere perfino controvoglia, ovvero contro la buona volontà della “contro-parte” e può essere amplificato enormemente disponendo di mezzi di comunicazione efficaci. Cosa che alla direttrice del ramo di semi-detenzione non è permesso per ruolo e forse anche per regolamento.

    È facile a questo punto cadere, come “commentatore” esterno, nei luoghi comuni, a favore di una parte o dell’altra, esattamente quei commenti che tu solletichi…. ma che vorresti veder superati per discutere sull’argomento (che a questo punto esula dal soggetto specifico) da una visione di ben più ampio respiro.
    Oppure proviamo a discuterne al contrario: visto il principio generale contenuto nel titolo, che direi sacrosanto, si è travisato nel caso specifico del soggetto?

  5. davide steccanella scrive:
    Scritto il 14-12-2012 alle ore 13:29

    Caro Corrado io partivo dal caso specifico per affrontare più in generale il problema della incidenza dei rapporti disciplinari (in questo caso non si poteva neppure parlare di ciò visto che non era stata rispettata la procedura ex art. 38) rispetto alla decisione demandata per legge al Magistrato, in ogni caso sui link al blog che hai riferito trovi tutto ivi compresa la nota disciplinare nella sua interezza.Se ti sono sembrato “fintamente” tecnico me ne scuso perchè mia intenzione era proprio quella di qui commentare, come sono solito fare, quel che accade nel mondo del diritto penale e procedurale che frequento sulla base di casi concreti cercando di farmi capire anche a chi non bazzica quotidianamente le aule di giustizia ma si interessa al “tema”. Un caro saluto davide

  6. Corrado Tumaini scrive:
    Scritto il 14-12-2012 alle ore 18:02

    Caro Davide, “fintamente” doveva passare per un complimento sincero. Non sono stato chiaro nel trasferire l’immagine nello scritto. Sono io che ti chiedo scusa.

    L’obiettivo mi era/è chiaro.

    Sono passato a leggere quanto potevo recuperare dai link, compresa una interrogazione parlamentare.

    Mah! Portato dal caso specifico a quello più generale, appunto, dell’incidenza dei rapporti disciplinari, non posso pronunciarmi, a meno di non cadere in argomentazioni da bar sport tanta è la mia competenza in materia. Come sai, per professione sono tra quelli che non bazzicano quotidianamente le aule di giustizia, semmai il contrario….
    Posso solo meditare sugli effetti della discrezionalità di questi rapporti, che non si limitano alle decisioni “a valle” del Magistrato, ma ricadono sugli individui e sulle comunità.

    D’altra parte quello del peso delle discrezionalità è un problema che mi si ripresenta simile quasi quotidianamente nell’esaminare altri tipi di “rapporti”, “relazioni”, “dossier”. La discrezionalità non lascia immune neanche i test on/off e le elaborazioni matematiche: dipende da come è formulata la domanda. Figuriamoci nella stesura di un testo!

    Portato questo sul campo della prossemica (magari tra due individui che probabilmente già si sentono tra loro antagonisti)in condizioni, se non estreme, sicuramente “critiche” come quelle del carcere….

    O posso cavarmela semplicemente con una alzata di spalle: “Tant’è, ci sta toccando di vivere in un’epoca di lotta di tutti contro tutti e questo non ne è che l’ennesimo episodio di conferma”.

    Un caro saluto

  7. Ap scrive:
    Scritto il 27-12-2012 alle ore 16:31

    Il mondo del carcere è un’altro pianeta. I diritti dei detenuti esistono solo sulla carta! Gli animali hanno più diritti dei detenuti, senza offesa agli animalisti. Magari ci fosse un ministro Brambilla anche per i detenuti.
    Ma di quali diritti discutiamo? Del diritto a vivere in una cella che può ospitare una persona sola ed invece ne “sistemano” tre? (vedi carcere di Lecce) o di quelle, più moderne, che ne possono ospitare due e ce ne mettono 4? (vedi carcere di Brindisi) o dei famosi celloni dove ce ne mettono anche 23? (vedi carcere di Bari). Ma qualcuno sa cosa vuol dire carcere? Meglio dire galera! Ma di quali fantomatici diritti parliamo? Per avere un qualsiasi premio un detenuto deve scontare prima i due terzi della pena e, poi, deve passare sotto il “taglione” dello psicologo e dell’educatrice. Fermo restando che non abbia avuto rapporti disciplinari! Tali relazioni riguardano la permanenza del detenuto nell’istituto negli ultimi 6 mesi, se, per disgrazia, viene trasferito prima la relazione non potrà essere redatta, bisognerà che aspetti altri sei mesi, minimo, per l’osservazione(sich!) che, poi, dà diritto alla relazione.
    Un punto fondamentale della relazione è che il detenuto sia pentito di quello che ha fatto, guai se si è innocenti o se si ritiene d’esserlo. La relazione sarà negativa!!!! Senza appello, chiaramente.
    Un detenuto ha diritto a massimo 4 ore d’aria al giorno, per il resto rimane chiuso nella sua, affollata, cella ad oziare tutto il giorno. Deve scontare la sua pena in silenzio e senza dare fastidio alcuno. Ma di quale rieducazione si parla? Nel sud dell’Italia le carceri sono sovrappopolate, le leggi alternative sono concesse col contagocce anche a quei detenuti che potrebbero essere meritevoli. Il carcere Italiano è solo una bruttezza ed una stortura alla civiltà. Il braccialetto elettronico sarebbe un’ottima alternativa, ma in Italia, forse, qualcuno non ha interesse a che venga applicato.
    Atteso che il diritto dei detenuti dovrebbe essere uguale per tutti, non capisco perché la Procura di Milano applica a Sallusti, senza che questi ne abbia fatto richiesta, la detenzione domiciliare in relazione alla legge “svuota carceri”, mentre in altre Procure si procede all’arresto in carcere anche per una residua pena di 14 giorni.
    Parliamo ancora di pari diritti dei detenuti?
    Il Magistrato di Sorveglianza del Tribunale di Lecce condanna lo Stato Italiano al risarcimento del danno in favore dei detenuti che hanno scontato la loro pena in celle sovraffollate, salvo che, poi, sia lo stesso che concede le pene alternative.
    Tutto quello che c’è scritto sul regolamento penitenziario, che adesso viene fornito in unica copia, in stralcio, per ogni cella ha valore molto vicino allo zero.
    Le guardie penitenziarie pretendono che i detenuti si alzino in piedi, come soldatini, durante le operazioni della conta, il famoso appello. Il regolamento non lo prevede, ma loro lo pretendono! Pena rapporto per insubordinazione con conseguente perdita del diritto a 45 giorni di pena anticipata nel semestre di riferimento.
    Vietato aiutare i più poveri. Se qualcuno non ha soldi per comprarsi un medicinale che l’Amministrazione non può fornirgli meglio non aiutarlo, si rischia un richiamo orale o, peggio, un rapporto.
    I giornali li leggono solo quelli che possono comprarseli.
    In estate le mosche e le zanzare sono peggio della tortura cinese, si è letteralmente invasi. E’ inutile lamentarsi. Non c’è possibilità di fare fotocopie, lo Stato ha tagliato i fondi! Il vitto scarseggia, lo Stato ha tagliato i fondi. Non ci sono svaghi, lo Stato ha tagliato i fondi. I computers, nelle carceri pugliesi sono un miraggio. I frigoriferi, in estate, un miraggio anche loro.
    I diritti dei detenuti! ma a chi importa veramente? Basta ascoltare radio carcere, trasmessa su radio radicale il martedì sera intorno alle 21, per sentire le lamentele che provengono da tutte le carceri italiane. Cosa chiedono i detenuti? Pagare il loro debito con dignità, quella dignità che è sinonimo di civiltà. La dignità che deve essere innegabile per ogni essere umano in uno Stato civile. Chiedono di fare la doccia una volta al giorno- anche con l’acqua fredda-, chiedono di avere l’acqua corrente tutti i giorni, chiedono di avere il cambio delle lenzuola ogni settimana, chiedono di avere un pasto caldo mattina e sera, chiedono condizioni più umane, chiedono di avere ancora fiducia in uno Stato civile. Chiedono di essere trattati con dignità, quella dignità che spesso viene riservata più agli animali che ai detenuti.
    Prima di parlare dei pari diritti dei detenuti, dategli la possibilità di essere uomini.
    Nelle carceri italiane i detenuti sono stipati come carne da macello, hanno commesso degli errori, forse non tutti, e per questo devono scontare la loro pena ma, per favore, lasciategliela scontare con il DIRITTO alla DIGNITA’ che è riservato PER LEGGE ad ogni UOMO.
    Mi piacerebbe che l’inviato di striscia la notizia, EDOARDO STROPPA, l’amico degli animali diventasse l’amico dei detenuti, forse i detenuti avrebbero qualche possibilità in più.

  8. francesca scrive:
    Scritto il 8-1-2013 alle ore 11:44

    quando si parla dei diritti dei detenuti, bisognerebbe provare a parlare con chi ha provato sulla sua pelle l’esperienza del carcere. Io ne ho avuto prova, e posso assicurarvi che nelle carceri italiane esiste un altro mondo, un universo parallelo dove i detenuti sono solo marionette gestite da un sistema incivile, disumano e indifferente ai diritti civili delle persone. Non è questione di discutere dei cavilli della legge Gozzini, occorre ripensare TUTTO il sistema. E considerare che in Italia esiste uno spregiudicato uso delle misure cautelari personali, per cui un GIP può spedire in carcere un povero cristo senza neppure uno straccio di processo, solo perchè ritiene sussistere un pericolo di fuga (… ma se siamo tutti schedati e controllati a vista!!) o di inquinamento delle prove (omettendo in tal caso ogni perquisizione locale o sequestro di documenti e/o beni, più facile incarcerare il detenuto,specie se c’è una conferenza stampa da tenere …). Capita più spesso di quanto crediate e la vita rovinata del povero cristo e dei suoi familiari- spesso del tutto innocente!-, i danni che ne derivano, non vengono neppure ripagati con la responsabilità patrimoniale personale del giudice-talebano…tanto vale tornare al sistema dell’inquisizione, almeno il sistema era chiaro.

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