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dei diritti e delle pene

Il Blog di Davide Steccanella

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Postilla » Diritto » Il Blog di Davide Steccanella » Diritto penale e processuale » Le motivazioni di quella assoluzione che ha fatto dimettere un Presidente di Corte di Appello

20 ottobre 2014

Le motivazioni di quella assoluzione che ha fatto dimettere un Presidente di Corte di Appello

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Molto si è detto e scritto su quelle improvvise dimissioni dalla Magistratura del Presidente della Corte di Appello milanese che ha assolto Silvio Berlusconi, e non solo perchè  presentate proprio il giorno stesso in cui sono state depositate le motivazioni della Sentenza da lui firmata, ma anche perchè il Corriere della sera, che per primo ha dato la notizia, ha adombrato l’ipotesi che quel gesto eclatante fosse dovuto ad un insanabile dissenso dal dispositivo.

Come già notato dai più non si rivengono infatti precedenti in materia, e non solo perché se è comprensibile il rimorso di un Giudicante per avere contribuito ad una ingiusta condanna, lo è assai meno quello per una assoluzione non condivisa, secondo il noto principio “meglio 10 colpevoli fuori che un innocente in galera”, ma anche perché la legge prevede la facoltà per il membro di un collegio di manifestare in busta chiusa e riservata il proprio dissenso, ma solo ai fini di una futura ed eventuale azione di risarcimento per ingiusta condanna da parte dell’imputato, evenienza che ovviamente in questo caso non si poneva.

Insomma: “dissociarsi” in modo così plateale da una assoluzione non si era forse mai visto anche perchè, al di là della necessaria tutela del segreto dela camera di consiglio, la sola esistenza di una altrui opinione  assolutoria legittimava comunque quella “ragionevolezza” del dubbio che secondo legge impedisce la condanna dell’imputato.

“Ragionevolezza” peraltro difficilmente negabile ad una Sentenza che alla lettura delle oltre 300 pagine di motivazione si mostra giuridicamente ineccepibile.

La Corte di appello infatti, dopo avere ricostruito in maniera minuziosa e precisa entrambi i fatti oggetto di contestazione, ha tratto le uniche conseguenze giuridiche possibili in materia di prova nel diritto penale, nel senso che laddove la stessa difetti a sostegno di un requisito essenziale di un reato, l’imputato non può che essere mandato assolto.

Per la accusa di prostituzione minorile la Corte ha dato atto del pieno raggiungimento della prova del fatto storico contestato all’imputato ma ha ravvisato la assoluta carenza in punto di necessaria consapevolezza della minore età della persona offesa, smontando, con argomento logico e condivisibile, quella unica prova utilizzata per la condanna dai primi Giudici e costituita dalla circostanza che Emilio Fede avesse conosciuto la minore in occasione di un concorso cui aveva presenziato. Correttamente, scrivono i secondi Giudici, tale circostanza potrebbe al massimo provare la consapevolezza di Fede ma non certo, per un sorta di non dimostrata proprietà transitiva, anche quella di Berlusconi. Anche il fatto che al momento della telefonata in Questura l’imputato fosse certamente consapevole della vera età della fermata non dimostra automaticamente, in assenza di altri elementi, che lo fosse stato anche prima, ossia all’epoca in cui gli viene contestata la attività di prostituzione minorile.

Per la accusa di concussione a seguito di quella telefonata in Questura per fare rilasciare la minore a persona di propria fiducia, la Corte riconosce che si trattò di un abuso da parte dell’ex premier, ma che tuttavia difettasse in tale condotta l’ulteriore requisito della minaccia al funzionario di Polizia, intesa come prospettazione di un male ingiusto, ossia contra ius, come pacificamente richiede la costante giurisprudenza della Cassazione in materia di concussione.

Il funzionario ha agito certamente per compiacere l’allora presidente del consiglio, ma non vi è prova che lo abbia fatto per evitare un pregiudizio alla propria carriera, come invece avevano affermato del tutto apoditticamente i primi giudici per pervenire a condanna.

Neppure poteva sostenersi, come ha tentato di fare il Procuratore generale di udienza, che il funzionario di Polizia fosse stato in qualche modo “influenzato” dalla falsa prospettazione di una parentela con Mubarak, giacchè, ha ricostruito la Corte, è provato agli atti che il medesimo funzionario si fosse attivato anche e soprattutto dopo che ormai aveva ampiamente scoperto, e dalla stessa diretta interessata, che tale circostanza era del tutto fallace.

La Corte analizza con cura anche tutte le varie comunicazioni intercorse quella nottata tra i diversi protagonisti, ivi comprese quelle con il PM di turno ai minori, il quale, dopo che si erano rivelate indisponibili alcune comunità di accoglienza appositamente contattate, alla fine accondiscese al rilascio della minore, purchè venisse compiutamente generalizzata la persona affidataria (cosa che è stata fatta).

Non poteva poi farsi ricorso, scrivono sempre i secondi giudici, a quella diversa ipotesi di concussione senza costrizione cui si era richiamata il PM di primo grado in sede di conclusioni, difettando palesemente in capo al funzionario di polizia il necessario requisito di un perseguito vantaggio penalmente rilevante.

In conclusione, quella Sentenza, che non mostra per vero alcuna “indulgenza” verso la persona dell’imputato, descritto come persona circondata da soggetti a tal punto ”zelanti” da rendergli “inutile” commettere reati per ottenere ciò che voleva, si limita ad applicare in modo corretto la legge a prescindere dal nome dell’imputato e dall’eclatante esito del giudizio di primo grado.

Compito, questo, si ritiene, che qualsiasi giudice dovrebbe quotidianamente esercitare, e se proprio questa dovesse essere stata davvero la ragione delle dimissioni del Presidente, allora vien da pensare a quella celeberrima domanda (e non avete avuto altro motivo ?) che l’implacabile Cardinale Federico porge a Don Abbondio ne “I promessi sposi”.

E’ certo che le inevitabili polemiche conseguite a quella iniziativa hanno comunque sconcertato una sempre più “disillusa” opinione pubblica verso il sistema Giustizia e verso quella delicata ed importante funzione che quel predetto Magistrato, fino ad oggi assai stimato dal sottoscritto, ha esercitato per oltre 30 anni.

Venendo ai tanti commenti del giorno dopo sulla Sentenza si è letto da più parti che tale assoluzione sarebbe stata il frutto della intervenuta modifica del reato di concussione voluto dal governo Monti, annotazione che in realtà non si trova in Sentenza, ma a prescindere da questo dato, vien da domandarsi allora quale legge abbiano applicato i primi Giudici, visto che avevano pronunciato condanna già in vigenza della “famigerata” Severino ? Eppure nessuno disse nulla sul punto, cosiccome nessuno ha ritenuto, neppure oggi, di muovere una qualche critica nei confronti di una Procura che aveva richiesto il giudizio immediato di un imputato per “evidenza” di una prova che, alla successiva verifica dibattimentale, si è rivelata addirittura insufficiente.

Letture: 12751 | Commenti: 5 |
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5 Commenti a “Le motivazioni di quella assoluzione che ha fatto dimettere un Presidente di Corte di Appello”

  1. ellemme scrive:
    Scritto il 23-10-2014 alle ore 19:50

    la riprova che quella fu una condanna ben orchestrata e di tipo politico, non altro.
    tutto questo senza entrare nel merito delle stupidaggini che Berlusconi, ed i suoi amici, possono aver fatto e che non possono essere liquidate come semplici “ragazzate”, poiché i protagonisti ragazzi non sono da un bel po’ di tempo.

  2. vittorianna scrive:
    Scritto il 23-10-2014 alle ore 20:54

    All’epoca scrissi quanto segue, nel tentativo di darmi una spiegazione a quello che stava accadendo.
    Il caso Berlusconi è molto più di un errore giudiziario e molto più di un diniego di giustizia. È la cristallizzazione del conflitto politico nella sua forma più spionica, quella moralistico – giudiziaria.
    Che vittoria per Berlusconi: essere un uomo solo e scatenare un simile dispiegamento di guerra!
    Che stupidi tutti coloro che hanno creduto che perseguitandolo, lo avrebbero soppresso. Semmai è vero il contrario. Alla base di tutto questo, solo un cumulo di errori, di menzogne, di invidia furibonda e di follia senza limiti.
    La Cassazione ha condannato un uomo che forse è innocente. E se fosse innocente per davvero? Che Dio ci perdoni, poiché quei parrucconi hanno lasciato passare il principio che si può condannare un uomo in assenza di prove certe.
    Un tribunale dovrebbe avere come scopo la verità. È accaduto che, per interessi politici, si siano oscurate la verità e la giustizia, senza le quali il popolo italiano è ormai condannato! I magistrati possono sbagliare ma devono essere decisi a riconoscere che possono sbagliare.
    Si parla tanto di crisi dell’editoria e dei giornali che ora piangono miseria. Ma se la colpa fosse proprio la loro? Che dire di quei giornali in cui si mescolano gli interessi più diversi, che gettano scompiglio, che seminano panico, che falsano i sentimenti, che sfruttano la credibilità pubblica, che vivono di scandali per aumentare le vendite, che hanno l’abitudine alla menzogna, alla diffamazione? Sono colpevoli anch’essi. Creare un perversione dell’opinione pubblica è la maniera più facile per imbrogliare le carte. E dietro quell’opinione pubblica ci sono sempre stati i moralisti bigotti sinistrorsi. Posso capire i giornali da quattro soldi che adescano lettori con i titoloni a caratteri cubitali e anche quelli popolari che si rivolgono alla massa, formando l’opinione dei più. Ma come poter mai giustificare la grande stampa? Quella che si autodefinisce seria e onesta e che invece non ha mosso un dito di fronte al fiume avvelenato che scorreva in piena, travolgendo un solo ed unico uomo? Questi giornali si sono limitati a registrare tutto, la verità e la menzogna ,senza mai esprimere una reale valutazione, senza mai schierarsi dalla parte dell’umanità e dell’equità, prendendo a schiaffi il buonsenso ogni mattina, sfruttando vilmente il moralismo e il perbenismo strisciante della sinistra. Che lo facciano i giornaletti, per far aumentare la tiratura è un conto. Ma che siano i grandi giornali, che si rivolgono a tutti e che penetrano dappertutto, a seminare l’errore e sviare l’opinione pubblica, allora è un fatto di una gravità inaudita. E tutti questi giornali, squilibrati da tutti i compromessi del mestiere, sono rimasti prigionieri dei loro gruppi, tutti muti per paura dell’opinione pubblica sempre in previsione di future elezioni, fingendo di non vedere cose che sono sempre state di una chiarezza abbagliante. E continueremo a leggere giornali che continueranno a difendere a spada tratta quelli stessi uomini che sono andati a letto con Ruby, ma che non si chiamavano Berlusconi e per i quali varranno tutte quelle circostanze attenuanti che per lui non sono valse. La stampa ignobile ha divorato l’Italia con la sua barbara e avvelenata campagna di basse ingiurie e di pseudo perversioni morali, nei riguardi di un solo uomo e non una parola per tutte quelle persone di sinistra che hanno fatto di molto peggio e per molti più anni. La stampa ignobile ha vomitato odio feroce contro un solo uomo, ogni mattina, anno dopo anno, per venti lunghi anni.
    E così eccoci arrivati alla fine. Berlusconi innocente? E no. Impossibile! Sarebbe crollata tutta l’impalcatura di bugie, menzogne, offese, calunnie, eccessi ingiuriosi, spiate morbose della setta dei magistrati. Che concezione avranno mai questi vecchi vecchissimi magistrati, della verità? Ma quale concezione avranno invece i giovani, della verità, se in Italia si lascia passare il principio che un uomo può essere condannato in assenza di prove certe e invece un assassino se ne può andare a spasso, in presenza dell’arma del delitto che lo inchioda? La verità è che la sinistra è riuscita a corrompere pure i giovani, nelle scuole dove ha dominato per oltre mezzo secolo. Ed ecco che la colpevolezza di Berlusconi è necessaria alla salute dell’Italia, perché l’opinione pubblica così creata, non vuole che lui sia innocente. Berlusconi è stato condannato, in modo smisurato, perché era in preda al bisogno di verità: è stato considerato suo crimine, avere voluto giustizia. Mentre, la prova più lampante della sua innocenza è forse nella convinzione incrollabile della sua innocenza da parte di milioni di italiani.
    La grande massa lo crede colpevole: ma chi? I modesti, le province, le campagne, tutta quella plebaglia che accetta l’opinione di quei giornali di cui sopra, o che non ha modo né capacità di documentarsi e, men che meno, di riflettere. Di capire che, d’ora in poi, potrà succedere a chiunque di noi: cittadini forse innocenti, condannati senza possibilità di revisione dei processi.
    Si è acclamata la menzogna, fatta una lunga campagna di forza bruta, di intolleranza, di fanatismo e si è arrivati alla dittatura giudiziaria (ed ora anche dell’agenzia delle entrate). La giustizia non è fatta per giudicare gli innocenti e occorreva che il giudizio non fosse stato redatto già dietro le quinte e prima che si aprisse il dibattimento. Ecco perché Berlusconi doveva per forza essere colpevole.

  3. davide steccanella scrive:
    Scritto il 24-10-2014 alle ore 11:20

    Non è questo l’ambito sigora Vittorianna, ma non definirei affatto di “sinistra” quelli di Micromega per intenderci. La storia della vera sinistra non solo non ha mai amato il “giustizialismo” forcaiolo ma ha sempre visto nella Magistratura il potere costitutito della borghesia da abbattere. Neppure la più moderata difesa della “legalità”dovrebbe appartenere al patrimonio di una vera sinistra, perchè le leggi sono scritte da chi comanda e come tali non necessariamente “rispettabili”…

  4. ellemme scrive:
    Scritto il 24-10-2014 alle ore 12:28

    caro avvocato, si ricorda cosa diceva Togliatti nel 1946 a proposito della giustizia -ma anche della cultura-?
    a questo punto in parte non torna quello che ha scritto.

  5. Domino scrive:
    Scritto il 26-10-2014 alle ore 16:12

    Vittorianna ha ragione su tutto, ma purtroppo hanno sempre fatto così,la delazione e la menzogna sono le loro armi peculiari.
    Se un immigrato uccide e viene accusato siamo razzisti e si scatenano centri (a) sociali e compagnia bella.
    Si pensi a cosa stà accadendo oggi con il media in campo sociale-familiare: se una donna scompare,oramai è colpa del marito o compagno,ma viceversa,se scompare un uomo non è mai colpa della moglie o della compagna.

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